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Cybersecurity in Italia: una sfida nazionale tra minacce digitali, professionisti del settore e consapevolezza pubblica

Nel mondo digitale di oggi, la cybersecurity non è più una prerogativa esclusiva delle grandi aziende o delle istituzioni governative. È diventata una necessità trasversale che coinvolge cittadini, imprese, enti pubblici e privati. Il servizio trasmesso da Le Iene il 15 aprile 2025, intitolato “Online mail e telefoni di tutti (proprio di tutti)”, ha scosso l’opinione pubblica mostrando quanto le informazioni personali possano essere esposte, facilmente reperibili online, e alla mercé di chiunque sappia dove cercarle.

Il quadro normativo e istituzionale in Italia


In Italia, la cybersecurity è regolata e coordinata a livello nazionale dall’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN), istituita ufficialmente nel 2021 con l’obiettivo di garantire un presidio strategico contro le minacce cibernetiche. L’ACN agisce in stretta collaborazione con altre realtà istituzionali come il DIS (Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza), la Polizia Postale e le Forze Armate, oltre a enti internazionali in ambito UE e NATO.

L’ACN è responsabile della protezione delle infrastrutture critiche, del coordinamento degli incidenti informatici (attraverso il CSIRT – Computer Security Incident Response Team), della diffusione di linee guida e della promozione della cultura della sicurezza digitale tra cittadini e imprese.

La situazione italiana: tra emergenze e investimenti

Secondo il Rapporto Clusit 2024, l’Italia ha registrato un incremento del 38% di attacchi informatici gravi rispetto all’anno precedente. Le minacce più frequenti includono phishing, ransomware, data breach e compromissioni di sistemi industriali (ICS/SCADA), che colpiscono tanto il settore pubblico quanto quello privato.

Nonostante gli investimenti in aumento (nel 2023 il mercato della cybersecurity in Italia ha superato i 2 miliardi di euro), permangono criticità strutturali: la frammentazione delle competenze, la carenza di personale specializzato e una scarsa cultura della prevenzione tra PMI e cittadini. Il tessuto produttivo italiano, composto in gran parte da piccole e medie imprese, mostra ancora un’elevata vulnerabilità, spesso per la mancanza di strumenti adeguati o di figure dedicate alla sicurezza IT.

Come funziona il settore della cybersecurity in Italia

Il settore della cybersecurity è articolato in diversi livelli operativi:

  • Security Operation Center (SOC): centri di monitoraggio H24 gestiti da aziende o fornitori di servizi per rilevare, analizzare e rispondere agli incidenti.
  • Incident Response Team: unità specializzate nella gestione degli attacchi in corso e nella mitigazione dei danni.
  • Red Team / Blue Team: squadre incaricate, rispettivamente, di simulare attacchi e difendere le infrastrutture, migliorando così le difese in modo proattivo.
  • Audit e compliance: attività fondamentali per garantire che le aziende rispettino standard come ISO 27001, GDPR o le norme NIS2.

Le aziende italiane più strutturate, come Leonardo, Telsy, Almaviva, Cefriel, Cy4Gate, ma anche provider IT come Engineering o NTT DATA Italia, hanno creato divisioni interne altamente specializzate per offrire servizi di cybersecurity sia in ambito enterprise che governativo. A queste si affiancano startup e scaleup che stanno innovando in settori verticali come la threat intelligence, l’IoT security, il cloud security e l’intelligenza artificiale applicata alla difesa informatica.

Le professionalità del settore: una domanda in crescita

Secondo stime ufficiali, in Italia mancano oltre 100.000 professionisti della sicurezza informatica. Le figure più richieste includono:

  • Cybersecurity Analyst
  • Ethical Hacker / Penetration Tester
  • Security Engineer
  • CISO (Chief Information Security Officer)
  • Data Protection Officer (DPO)
  • Incident Response Specialist
  • Risk & Compliance Manager

Le università italiane, in collaborazione con il MUR e l’ACN, hanno attivato numerosi corsi di laurea e master in cybersecurity, ma la domanda di competenze supera ancora l’offerta. Iniziative di reskilling e formazione professionale, anche finanziate dal PNRR, stanno cercando di colmare questo gap.

Il caso mediatico: Le Iene e la vulnerabilità delle credenziali

Il servizio de Le Iene ha messo in luce la facilità con cui informazioni sensibili – email, numeri di telefono, password – siano esposte online, spesso pubblicate in database scaricabili dal dark web. Il programma ha mostrato, con l’ausilio di esperti, come sia possibile risalire a informazioni personali di politici, giornalisti e cittadini comuni.

L’aspetto più inquietante è la normalizzazione del pericolo: molti utenti ignorano che il riutilizzo della stessa password su più servizi o la mancata attivazione della 2FA (autenticazione a due fattori) li espone ad attacchi incrociati. La violazione di una singola piattaforma può essere l’anello debole per comprometterne molte altre.

Conclusione: serve una risposta integrata e culturale

La sicurezza informatica non può più essere un elemento secondario delle strategie aziendali o un tema di nicchia per addetti ai lavori. È una priorità nazionale, economica e sociale. Il caso sollevato da Le Iene deve servire come punto di partenza per una maggiore consapevolezza pubblica, accompagnata da investimenti, formazione e una collaborazione strutturata tra pubblico e privato.

La cybersecurity è una responsabilità collettiva, che coinvolge istituzioni, imprese e cittadini. Solo con un approccio sistemico, competente e strategico potremo affrontare le sfide di un mondo digitale sempre più insidioso.

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